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Originale in inglese.
Traduzione in italiano e in spagnolo
Fondazione Centesimus Annus – Pro Pontifice
DICHIARAZIONE 2015
UN’ECONOMIA DI MERCATO RIFORMATA:
UN’IMPRENDITORIALITÀ PER LO SVILUPPO UMANO
Quando Papa Francesco dice: “‘no a un’economia dell’esclusione e della iniquità questa economia uccide”, tutti coloro che operano professionalmente nella vita
economica si possono sentire direttamente coinvolti. Probabilmente molti, in buona
fede, sono disposti a mettere sotto esame la propria vita lavorativa e a cercare di capire
quali siano in concreto i passi da fare. Affinché le affermazioni che seguono non siano
solo parole: “No a un’economia dell’esclusione, No alla nuova idolatria del denaro, No
a un denaro che governa invece di servire, No all’inequità che genera violenza...”
(Evangelii Gaudium, capitolo secondo), è necessario operare per promuovere
efficacemente le riforme che sostengono l'integrazione e la solidarietà dinamica. Questo
è ciò che i membri e gli amici della Fondazione Centesimus Annus – Pro Pontifice
hanno fatto nel corso del 2014; il presente documento è una breve sintesi del loro
lavoro*.
A. QUADRO GENERALE
La domanda mondiale di trasparenza porta costantemente a conoscenza del largo
pubblico casi di cattive pratiche e di malaffare nella vita economica e della finanza;
sebbene ciò presenti alcuni aspetti positivi, è innegabile che contribuisce anche ad
aumentare il divario in termini di fiducia tra gli attori economici e l'opinione pubblica,
nella quale spesso si fa di tutt’erba un fascio e il giudizio negativo finisce per investire
l’intera economia di mercato.
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1
*Riassunto degli incontri tenuti da Settembre 2013 ad Ottobre 2014. Le presentazioni e le
relazioni integrali sono disponibili sul sito della Fondazione www.centesimusannus.org.
Nel frattempo, le economie occidentali promuovono ambiziose riforme nel campo
normativo, anche attraverso organi sovranazionali, in particolare nel settore finanziario;
nello stesso tempo, un ampio movimento a favore di un comportamento economico
responsabile e dell'uso sostenibile delle risorse sta trasformando molte aree del
business. Anche queste sono tendenze positive, ma richiedono una direzione umana e
un’etica forte. La prospettiva della Dottrina sociale della Chiesa può contribuire a
rendere positivi e fertili i nuovi scenari che si stanno aprendo.
Ovunque il rule of law non è rispettato e, ancor più, lì dove l'economia manca di un
riferimento etico fondamentale, è quasi sempre la parte più povera della popolazione
che paga il prezzo più alto. Sono i meno protetti a pagare il prezzo della corruzione; essi
spesso corrispondono il prezzo del protezionismo e di egoistiche barriere difensive; essi
pagano il prezzo dell’inefficienza della pubblica amministrazione e soffrono le
conseguenze della cattiva gestione economica e della criminalità. Non esiste una
univoca definizione di povertà, sono tante le forme di povertà e da secoli i cristiani
cercano di capire che cosa essa sia e di essere vicino ai più poveri. Ora l'accento cambia:
bisogna con urgenza riformare l'economia di mercato, agendo direttamente su
alcuni suoi mali, anche dal punto di vista della scelta preferenziale per i poveri che
è tipicamente cristiana.
L’esperienza dimostra come lo sviluppo economico, guidato dallo spirito
d’imprenditorialità e dalla innovazione tecnologica a tutti i livelli, sia la forza chiave e
trainante per ridurre la povertà. La crescita economica può generare vincitori e vinti e
ciò richiede un'azione specifica per aiutare i poveri ad essere di aiuto a loro stessi; resta
il fatto che lo sviluppo e il mercato, accompagnati da politiche economiche sane,
sono gli unici strumenti attraverso i quali la povertà è stata effettivamente
notevolmente ridotta.
L'economia, basata sul consumo abbondante e servizi sempre più ampi, crea nuove
esigenze e produce nuove tensioni all'interno dei sistemi etici tradizionali. L'impegno
per la vita familiare, la responsabilità di agire per il bene comune, il processo di
apprendimento per ricercare la natura positiva e autentica della vita sono esigenze
permanenti dello sviluppo umano che la crescita economica non risolve da sé; il
ruolo dei cristiani è quello di ripensare e di sviluppare nuove risposte e inedite proposte,
al fine di tradurre i principi permanenti del primato della persona umana, la
sussidiarietà, la solidarietà e il bene comune, in azioni concrete che possano essere
efficaci nel mondo contemporaneo.
Il ruolo dello Stato è essenziale per definire il quadro delle sane politiche economiche e
l'economia di mercato può prosperare in diversi ambienti istituzionali. La condizione
essenziale è che l'iniziativa imprenditoriale sia libera di esprimersi e di servire lo
sviluppo umano; ciò è vero per le imprese e per l'occupazione, ma anche per i progetti
sociali e civili; entrambi i settori hanno bisogno di un approccio manageriale
sistematico che faccia ricorso alla competenza, di trasparenza e di una sana governance.
2
Nei paesi poveri, a complemento delle politiche economiche generali introdotte
dall’alto, esiste un immenso potenziale per l'applicazione di sistemi di gestione
imprenditoriale, finalizzati alla realizzazione di progetti di sviluppo realizzati dal
basso, al livello delle comunità locali. Buone pratiche di governance, regole di
trasparenza, le più recenti tecnologie di comunicazione, micro-finanza ben gestita e
l'integrazione delle catene dell’offerta sono tutti elementi che possono trasformare la
vita di intere comunità; un approccio partecipativo permetterà alle persone coinvolte di
controllare liberamente il proprio futuro economico, come famiglie e come gruppi.
Nei paesi ricchi dove i sistemi di welfare si sono dimostrati generalmente più
inattaccabili durante i recenti anni di crisi, la concorrenza da parte di nuove e più
efficienti produzioni provenienti da paesi a basso o medio reddito, ha contribuito alla
stagnazione dei salari, ad una pressione per ridurre i costi del lavoro e ad un aumento
della disoccupazione, della precarietà e della povertà pur in presenza di aree di
benessere. In questo contesto, è fondamentale riscoprire che il lavoro e le soddisfazioni
che procura il lavorare sono bisogni fondamentali. Le politiche educative sbagliate e le
regole del lavoro rigide generano posti di lavoro informali, a breve termine, così come
una inadeguata specializzazione può portare ad una disoccupazione persistente.
Programmi pubblici centralizzati ed astratti possono condurre alla “trappola del
benessere”, che può provocare esclusione sociale. Una risposta sostenibile a questi mali
richiede una rivisitazione di cosa sia il lavoro ed il modo virtuoso di realizzarlo, in
contrasto con i due estremi dell'individualismo spinto di mercato e dell’interventismo
statale, dove lo sforzo economico ed il coraggio civile siano valorizzati, e dove la
responsabilità ed il potere si manifestano al più appropriato livello coerente con lo
sviluppo dell’ideale umano.
B. IL RUOLO DELLA SOLIDARIETÀ NELLE DECISIONI DI BUSINESS
Ogni decisione economica comporta un certo grado di solidarietà, allo stesso modo di
qualsiasi atto umano; gli esseri umani costituiscono una totalità, inserita in una rete di
relazioni, dove il dono e la fraternità coesistono nella realtà con il desiderio naturale
della propria soddisfazione individuale. E le decisioni di business sono prese sempre da
esseri umani reali.
L’iniziativa imprenditoriale non si basa solo sulla ricerca dell’utile personale. A dispetto
di molti casi di cattiva gestione, di corruzione e di mancanza di responsabilità - che sono
tentazioni permanenti nella vita economica - è possibile individuare anche aree
dell'economia di mercato che servono il bene comune, basate su una cultura positiva che
metta al centro la dignità della persona e il valore del lavoro.
1. Sviluppare una cultura d’impresa al servizio della società
Mettere l’impresa al servizio del bene comune non è una questione che riguarda in
primis l’assetto proprietario, quanto piuttosto un elemento culturale che permea tutte
le politiche aziendali, dall’investimento alla progettazione del prodotto, dall'utilizzo
delle risorse alle politiche commerciali, dalla gestione del personale ai piani finanziari.
3
È necessario quindi investire su una cultura d’impresa aperta alla solidarietà, bilanciata
dalla sussidiarietà, con il management che se ne faccia carico, fornendone l’esempio.
2. La promozione dei corpi intermedi
Per far valere tali idee, tutti coloro che hanno la possibilità dovrebbero promuovere o
partecipare a corpi intermedi che autonomamente sostengono la solidarietà e
contribuiscono in termini pratici ad armonizzare concetti ed interessi che altrimenti
sarebbero in conflitto. In realtà, abbiamo un numero sempre maggiore di fondazioni e di
associazioni di solidarietà, alcune delle quali avviate dalle stesse imprese; questo trend
positivo crea, a sua volta, un bisogno di trasparenza e di sistemi di valutazione
indipendenti, per evitare abusi ed inefficienze e per incoraggiare il miglior uso possibile
delle iniziative benefiche.
3. Collegare diritti e doveri
Coloro che in una fase di crescita economica si impoveriscono necessitano di una
speciale protezione e di un surplus di opportunità, ma è fondamentale collegare tra loro
diritti e doveri. Affinché siano sostenibili, i sistemi di welfare devono collegare il lavoro
e l'apprendistato all’ottenimento di un beneficio.
4. Decentrare gli interventi di aiuto
Sia nei paesi a basso reddito sia nelle economie sviluppate, la redistribuzione attraverso
la fiscalità sul reddito e la previdenza sociale sono essenziali. Resta il pericolo che in tal
modo si coltivi un atteggiamento passivo e di eccessiva dipendenza dal settore pubblico.
Un’alternativa appropriata potrebbe consistere in una molteplicità di piani esistenti o
nuovi basati sul concetto della decentralizzazione e combinino forme di assistenza
universali con forme personalizzate integrative. Tali sistemi dovrebbero essere
attivamente sostenuti dalle imprese e accompagnati da disposizioni giuridiche e fiscali
adeguate.
5. Costruire sulla corresponsabilità a livello societario
Nella crisi attuale, la corresponsabilità è spesso realizzata mediante contratti di
solidarietà che consentono ad un’impresa di evitare il fallimento o una ristrutturazione
catastrofica. Su questa base si può costruire e sviluppare una forma di inclusione che
investa tutte le persone che lavorano o che ruotano intorno ad una società. Ciò richiede
trasparenza, dal momento che si condividono i rischi e si stabiliscono le quote di
rimunerazioni tra datori di lavoro e dipendenti, ma anche tra investitori e proprietari,
azionisti e manager, creditori e debitori, produttori e consumatori, in un contesto legale
libero e flessibile.
6. Promuovere l'apprendistato e monitorare la transizione
Bisognerebbe seguire i migliori esempi di quei paesi europei dove la disoccupazione è
rimasta bassa; è necessario uno sforzo maggiore, anche attraverso agevolazioni fiscali
ad hoc ed un contributo meno oneroso destinato alla sicurezza sociale, andrebbero
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diffusi programmi di apprendistato per i giovani ed il monitoraggio della transizione,
dove i giovani dipendenti possano essere assunti a stipendi più bassi ed in coppia con i
dipendenti più anziani che, in tal modo, fornirebbero il monitoraggio e la formazione
necessari per la prossima generazione.
7. Sviluppare sistemi di solidarietà intergenerazionale
Il volume pericolosamente sovradimensionato del debito pubblico e privato nei paesi
ricchi sta crescendo più degli investimenti. Così il debito trasmesso alle generazioni
future, in parte destinato alla spesa corrente, rischia di diventare un peso netto, senza la
compensazione di investimenti in conto capitale. C’è la necessità di reintrodurre la
prospettiva a lungo termine mediante nuove iniziative e aiutando i giovani ad entrare in
relazione con i più anziani, favorendo in tal modo la piena partecipazione di diverse
generazioni ad un nuova etica sociale aperta alla solidarietà.
C. UNA FINANZA FINALIZZATA AL BENE COMUNE
È un dato di fatto che, negli ultimi anni, lo sviluppo finanziario globale è stato
accompagnato da un’alta volatilità economica. Sulla base della resilienza mostrata da
alcune banche e del pesante costo pubblico dei processi di salvataggio di altre, il settore
finanziario sta conoscendo profondi cambiamenti, sia per la regolamentazione che si
è aggiunta a quella esistente sia per le proposte di riforma avanzate al suo interno.
L’esigenza di dare a tale riforma un volto umano ed etico può essere tradotta
concretamente in questo modo: oltre al tradizionale approccio etico alle questioni
finanziarie, bisognerebbe prestare attenzione anche alla nozione di “finanza inclusiva”;
vale a dire, di una “finanza che aiuta a combattere l'esclusione”. Un gruppo di esperti
del settore finanziario, vicino alle posizioni della Fondazione, ha formulato nel
documento “Proposte di Dublino su Finanza a Bene Comune” le seguenti idee:
1. Mutamento della cultura e del comportamento manageriale: c’è sempre un
essere umano all'inizio e alla fine di ogni transazione. Tale realtà potrebbe
scontrarsi con le esigenze della tecnologia e della regolamentazione.
2. Favorire la creazione di posti di lavoro attraverso il prestito decentrato: le
migliori opportunità per la creazione di nuova occupazione sono al livello di
piccola impresa e in una redistribuzione più flessibile del lavoro tra imprese
flessibili e creative. Ciò richiede il prestito decentrato da parte delle banche e
dell’intermediazione creditizia non regolamentata.
3. Lottare contro la frode, la corruzione e gli abusi: attuare efficacemente
politiche di tolleranza zero nei confronti della pratica immorale, tra cui le
pratiche di “regulatory arbitrage” e punire il comportamento non etico anche
rendendolo costoso.
4. Promuovere la certezza e la chiarezza della legislazione per ridurre i costi
della burocrazia e quelli derivanti dalle difficoltà di interpretazione normativa,
che è una delle cause della corruzione.
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5. Rendere la tutela dei consumatori più efficace attraverso la trasparenza e la
semplificazione. Individuare forme di deleveraging corrette ed eque per famiglie
eccessivamente indebitate attraverso la condivisione del rischio da parte di
creditori e di debitori. Promuovere l'educazione finanziaria delle famiglie.
6. Promuovere e sostenere gli investimenti a lungo termine, soprattutto
attraverso le istituzioni capaci di agire finanziariamente in modo "paziente", che
coinvolgano fondi pubblici e privati e che richiedano adeguate disposizioni
giuridiche e fiscali.
7. Ricorrere alla tecnologia finanziaria per la finanza inclusiva attraverso
l'utilizzo di dispositivi mobili e la digitalizzazione degli esborsi pubblici, dei
servizi sanitari e delle catene dell’offerta.
8. Arricchire l’educazione finanziaria per evitare di trasmettere ai futuri manager
finanziari dei contenuti “indipendenti dai valori”, coltivando invece la riflessione
etica, la disponibilità a comprendere la storia e la capacità di esercitare la facoltà
di analisi critica.
9. Ridefinire il modello di business finanziario con obiettivi di profitto moderati,
incentivazione a lungo termine e politiche di bonus.
Per avviare questi processi e dare loro la giusta forza, sarà necessario riformulare la
missione della finanza in termini di servizio per l'intera economia e la società;
contrariamente, i giovani responsabili non si sentiranno motivati a lavorare nelle
istituzioni finanziarie.
D. LA POVERTÀ E LA “RESPONSABILITÀ DI PROTEGGERE”
Quali che siano i meriti passati dell'economia di mercato, per superare la povertà in
alcune parti del mondo, un approccio ispirato al cristianesimo deve necessariamente
preoccuparsi dell’attuale situazione e della permanenza in molti luoghi di enormi
problemi di povertà e di sottosviluppo. Mentre una crescente euforia proveniente dal
mondo occidentale ha banalizzato la saggezza insita nel tradizionale principio di
precauzione e ha lasciato che la tracotanza proliferasse - con la conseguente crisi e la
depressione -, altri sono rimasti intrappolati nel circolo vizioso della povertà. Il
dramma dell’inadeguatezza delle risposte alle emergenze ed alle catastrofi naturali o provocate dall'uomo – e l'immigrazione sono due aspetti per cui la realtà
inquietante della disuguaglianza è sempre attuale.
In caso di catastrofi naturali, abbiamo il dovere non solo di agire rapidamente, ma anche
in modo intelligente. Le relazioni che interessano i gruppi all'interno della Chiesa tra
paesi donatori e paesi che ricevono sono fondamentali, tanto per aumentare la
generosità dei donatori quanto per indirizzare gli aiuti esterni verso le esigenze di lungo
periodo e di sviluppo, per le quali l'emergenza immediata potrebbe essere solo un
indicatore. Le crisi umanitarie causate dall’uomo tendono a scomparire dalla
gerarchia delle priorità di fronte alle calamità naturali (come è evidente per
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esempio nel caso dello tsunami nel Sud-Est asiatico che è coinciso con il genocidio nel
Darfur nel 2004); c'è ritrosia ad intervenire nelle crisi provocate dall'uomo, anche
quando gli stessi uomini sono responsabili di un numero elevatissimo di vittime. Il
dramma dei bambini soldato in molti conflitti fotografa le politiche internazionali di
non-intervento, così come la sofferenza dei cristiani e di altri gruppi etnici nel Medio
Oriente. L'insegnamento della Chiesa afferma con chiarezza che la “responsabilità di
proteggere” - o l'obbligo di intervenire – non è più rintracciabile in capo ai singoli
paesi, dal momento che è stata affidata alla comunità internazionale.
Nel campo dello sviluppo, assistiamo ad alcuni trend positivi che impattano in modo
significativo sulle politiche di riduzione della povertà: tra questi una migliore analisi
quantitativa, dei dati scientifici più accurati sulla cosiddetta “economia
comportamentale”, la collaborazione tra settore pubblico e privato nell’ambito del
finanziamento e del monitoraggio dei progetti di sviluppo. Tuttavia, le strutture
istituzionali non saranno mai sufficienti: la persona umana è unitaria e gli esseri umani
sono al di là di ogni possibilità di misurazione. Come molti esempi suggeriscono, la
chiave dello sviluppo richiede la mobilitazione delle persone, dal basso verso l'alto, e
una dimensione pienamente umana, compresi la libertà, il libero arbitrio, la bontà, la
virtù e la vocazione.
Il fenomeno migratorio è un esempio che mostra quanto sia necessaria una maggiore
attenzione alla vocazione della persona umana. Innanzitutto, bisognerebbero osservare
non solo gli abusi, le tragedie dei rifugiati e la mancanza di politiche coordinate - che
devono essere affrontate - ma anche gli aspetti positivi del fenomeno migratorio, i doni
che esso porta con sé. La migrazione economica non procede dall’estrema povertà; si
tratta di un investimento, di un calcolo economico e, molto spesso, di un piano
familiare. La questione dei minori non accompagnati è particolarmente delicata e
richiede un trattamento radicale basato sulla persona, così come l'intera questione
migratoria.
Promuovere una campagna mondiale di solidarietà
Quando si parla delle nuove dimensioni della disuguaglianza e del ruolo della finanza
è spesso riportata la proposta di una tassa internazionale basata sul fatturato finanziario
o sul capitale. Queste proposte richiedono l'unanimità internazionale, improbabile che
sia prossima a livello globale, e il loro effetto potrebbe essere confiscatorio. Invece di
una tassa, la Chiesa cattolica potrebbe sostenere e promuovere l’idea di contributi
volontari, al di fuori della finanza pubblica, per dotare nuovi fondi di solidarietà
nazionali indipendenti che sostengano cause meritevoli, al servizio dei poveri; questi
fondi dovrebbero riunirsi in una rete sovranazionale ed essere soggetti a regole di
trasparenza e di buon governo.
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FUNDACIÓN CENTESIMUS ANNUS PRO PONTIFICE
DECLARACIÓN 2015
UNA ECONOMÍA DE MERCADO REFORMADA:
INICIATIVA EMPRESARIAL PARA EL DESARROLLO HUMANO
Cuando el Papa Francisco exclama “no a una economía de la exclusión y de la
inequidad. Esa economía mata”, quienes trabajan como profesionales de la vida
económica se pueden sentir directamente advertidos; de buena fe muchos posiblemente
quieran poner su vida activa bajo examen para intentar entender qué pasos concretos
supone, no sólo decir “no a una economía de la exclusión, no a la nueva idolatría del
dinero, no a un dinero que gobierna en lugar de servir, no a la inequidad que genera
violencia…” (Evangelii Gaudium, capítulo segundo), sino poner en marcha
efectivamente unas reformas que promuevan la inclusión y una solidaridad dinámica. Es
lo que han hecho los adherentes y amigos de la Fundación Centesimus Annus en 2014;
el presente documento es un breve resumen de sus debates*.
A. UN MARCO GENERAL
En todo el mundo se exige transparencia y esto hace que constantemente salgan a la
luz casos de malas prácticas y actuaciones delictivas en la vida económica y financiera.
Puede verse como una tendencia positiva, pero también contribuye a abrir aún más la
brecha de confianza entre actores económicos y opinión pública, una evolución en la
que a menudo se toma la parte por el todo y se hace un juicio global contra la economía
de mercado.
*Resumen de reuniones mantenidas entre Septiembre 2013 y Octubre 2014. Los textos
completos de presentaciones y conclusiones se pueden consultar en www.centesimusannus.org.
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Mientras tanto se están realizando reformas regulatorias ambiciosas en las economías
occidentales, en parte por la acción de instancias de gobierno supranacionales,
especialmente en el sector financiero. Simultáneamente un amplio movimiento hacia un
comportamiento económico responsable y un uso sostenible de los recursos está
transformando muchas áreas de la vida económica. Estas también son tendencias
positivas, pero requieren de una más sólida orientación humana y ética: la visión de la
enseñanza social católica puede contribuir a hacer de estos marcos algo creativo y
positivo para todos.
Allí donde no se respete la ley y, más aún, allí donde a la economía le falte una esencial
referencia ética, casi siempre son las partes más pobres de la población las que pagan el
mayor precio. Los más desprotegidos pagan el precio de la corrupción; a menudo pagan
el precio del proteccionismo y de las estrategias de defensa egoísta; pagan el precio de
la ineficiencia en la administración pública y sufren las consecuencias de la mala
gestión y de la criminalidad económica. No existe una definición sencilla de pobreza,
hay muchas maneras de ser pobre y los cristianos llevan siglos intentando comprender
la pobreza y estar cerca de los pobres. Ahora las prioridades cambian: reformar la
economía de mercado contra algunos de sus males es una tarea urgente, también
desde el punto de vista cristiano de la elección preferencial por los pobres.
La experiencia enseña que, con la iniciativa empresarial y la innovación ampliamente
difundida como motores principales, el desarrollo económico es la mayor fuerza capaz
de reducir la pobreza. El crecimiento económico puede generar ganadores y perdedores,
lo que requiere acciones específicas para ayudar a los pobres a ayudarse a si mismos.
Pero el desarrollo y el mercado con políticas económicas acertadas son los únicos
contextos en los que la pobreza se ha logrado reducir eficazmente en grandes
números.
La economía de consumo y de servicios abundantes crea necesidades y produce nuevas
tensiones en los marcos éticos tradicionales. Dedicarse a la vida familiar, asumir la
responsabilidad de actuar por el bien común, descubrir el proceso que lleva a buscar una
vida verdaderamente buena continúan siendo requisitos del desarrollo humano, a los
que el crecimiento económico no aporta solución por si solo. A los cristianos
corresponde el papel de reexaminar y desarrollar respuestas y propuestas nuevas para
traducir los principios permanentes - la primacía de la persona humana, la subsidiaridad,
la solidaridad y el bien común - en acciones que sean eficaces en el mundo actual.
El papel de las instituciones públicas (supranacionales, estatales, regionales…) es
esencial para que se apliquen políticas económicas acertadas, y la economía de mercado
puede prosperar en distintos contextos institucionales. La condición esencial es que
exista libertad para que la iniciativa empresarial se desenvuelva sin obstáculos y se
pueda aplicar al desarrollo humano. Esto vale para la economía y el empleo, pero
también para los proyectos sociales y cívicos: ambos sectores necesitan experiencia
gerencial, transparencia y buen gobierno.
En los países pobres, como complemento de las políticas económicas aplicadas desde
arriba, existe un inmenso potencial para utilizar los sistemas de gestión empresariales en
la construcción de proyectos de desarrollo, partiendo desde la base de las
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comunidades locales. La práctica del buen gobierno, las reglas de transparencia, las
tecnologías de comunicación más recientes, unas micro-finanzas bien gestionadas, la
integración de las cadenas de proveedores son elementos que pueden transformar la vida
de comunidades enteras. Con un enfoque participativo, estas técnicas permitirán a las
personas controlar su propio futuro económico como familias y como grupos.
En los países ricos, donde los sistemas de bienestar social en general han resistido la
prueba de los recientes años de crisis, la competencia de producciones nuevas y
eficientes procedentes de países de menor nivel de ingresos han contribuido al
estancamiento de los salarios y a la presión para reducir los costes laborales, lo que su
vez trae desempleo, precaridad y pobreza en medio de la abundancia. En este contexto
hace falta redescubrir que el trabajo y la satisfacción en el trabajo son necesidades
básicas. Unas políticas de educación equivocadas y unas normativas laborales poco
flexibles generan empleos eventuales de poca duración, aumentan el desfase entre
calificación y empleos disponibles y pueden contribuir también al desempleo
persistente. La exclusiva dependencia de programas públicos centralizados e
impersonales puede generar una “trampa del bienestar” y conducir a la exclusión social.
Para contrarrestar estos males de forma permanente se requiere renovar los ideales del
trabajo y de la virtud - en contraste con los extremos del individualismo mercantil y
del intervencionismo estatal -, valorando el esfuerzo económico y el coraje cívico y
devolviendo responsabilidad y poder a los niveles más apropiados para favorecer una
prosperidad humanizada.
B. EL PAPEL
ECONÓMICAS
DE
LA
SOLIDARIDAD
EN
LAS
DECISIONES
Toda decisión económica implica un cierto grado de solidaridad, así como cualquier
acción humana: la persona humana es una totalidad insertada en una red de relaciones,
donde el don y la fraternidad de hecho coexisten con la natural ansia de satisfacción
individual. Y quienes toman decisiones económicas son personas humanas reales.
La iniciativa empresarial no se basa nunca solo en el deseo de ganancia personal. Frente
a muchos casos de mala gestión, de corrupción, de incapacidad de rendir cuentas –
tentaciones permanentes de la vida económica – también es posible construir áreas de la
economía de mercado que sirvan directamente el bien común, sobre la base de una
cultura moral positiva centrada en la dignidad de la persona y el valor del trabajo.
1. Desarrollar una cultura de empresa al servicio de la sociedad
Poner la empresa al servicio del bien común no depende en primer lugar de unas
estructuras legales de propiedad, sino de un hecho cultural que se hace presente en
todas las políticas empresariales, desde la inversión hasta el diseño de productos,
desde el uso de recursos hasta las políticas comerciales, desde la gestión del personal
hasta los planes de financiación. Para ello es necesario invertir en una cultura de
empresa orientada a la solidaridad y equilibrada por la subsidariedad, en la que la alta
dirección tome las riendas y dé el ejemplo.
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2. Promover cuerpos intermedios
Para promover estas ideas, todos los que están en posición de hacerlo deberían
participar en cuerpos intermedios que sostengan la solidaridad de forma autónoma y
contribuyan en términos prácticos a harmonizar conceptos e intereses que suelen estar
en conflicto unos con otros. De hecho existe un número creciente de fundaciones y de
asociaciones caritativas, algunas de ellas promovidas por empresas; este desarrollo
positivo crea a su vez necesidades de transparencia y requiere sistemas independientes
de evaluación para evitar abusos e ineficiencias y promover el buen uso de las
iniciativas sin fin de lucro.
3. Conectar derechos con obligaciones
Los perdedores del crecimiento económico necesitan una protección especial y
oportunidades adicionales, pero es crucial que los derechos y las ayudas se
correspondan con obligaciones y deberes. Para ser sostenibles, los sistemas de bienestar
deberían vincular trabajo y aprendizaje con el hecho de recibir un subsidio.
4. Ayuda mutua descentralizada
Tanto en países de bajos ingresos como en las economías más desarrolladas,
redistribución fiscal y seguros sociales son imprescindibles. Pero existe el peligro de
alimentar una actitud pasiva y una excesiva dependencia del sector público. Se puede
encontrar una alternativa real en esquemas de ayuda mutua descentralizada, que
combinen derechos universales con disposiciones personalizadas; estos esquemas
requieren un apoyo activo del sector empresarial y se deben apoyar en normas legales y
fiscales adecuadas.
5. Construir la co-responsabilidad en la empresa
En la crisis actual la co-responsabilidad se ha materializado a menudo mediante gestos y
contratos de solidaridad que permiten a una empresa evitar la quiebra o una
reestructuración catastrófica. Sobre esto se puede construir, involucrando a todos los
que trabajan dentro y alrededor de la empresa; hace falta transparencia si se quiere
compartir los riesgos y establecer remuneraciones proporcionadas, no sólo entre
empleadores y empleados, sino también entre inversores y propietarios, accionistas y
gestores, acreedores y deudores, productores y consumidores, todo ello en un contexto
legal libre y flexible.
6. Promover el aprendizaje y el “coaching” de transición
Siguiendo las buenas prácticas vigentes en algunos países europeos en los que hay poco
desempleo, hace falta promover por iniciativa propia – y también mediante ventajas
fiscales específicas y reducciones en las contribuciones a la seguridad social - unos
programas de aprendizaje y de acompañamiento para jóvenes, en los que se contrata a
jóvenes empleados con salario bajo y con el acompañamiento de empleados de mayor
edad que puedan ofrecer “coaching” y formación a la siguiente generación.
7. Desarrollar sistemas de solidaridad intergeneracional
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El volumen de la deuda pública y privada en las economías ricas, ya
sobredimensionado, sigue creciendo peligrosamente más que la inversión. Se traspasa a
las generaciones siguientes una deuda que se ha aplicado, por lo menos en parte, para
consumo corriente; sin la compensación de unos equipos de larga vida, la deuda se
transforma en esa medida en carga neta. Es imprescindible reintroducir la perspectiva
del largo plazo mediante iniciativas que hagan encontrarse a jóvenes y ancianos, para
así promover la plena participación de las distintas generaciones en una nueva ética
social abierta a la solidaridad.
C. FINANZAS CON LA FINALIDAD DEL BIEN COMÚN
En los últimos años el desarrollo financiero global ha estado de hecho acompañado por
una mayor volatilidad económica. Algunos bancos han demostrado una buena
capacidad de resistencia mientras que el rescate de otros suponía un elevado coste
público. El sector financiero está atravesando un cambio profundo, tanto por el
efecto de la nueva regulación como por reformas promovidas desde dentro. Este
cambio requiere una perspectiva humana y ética, lo que puede traducirse de forma
práctica: por un lado promoviendo la conocida vía de la ética profesional financiera, y
por otro lado trabajando la idea de “finanzas inclusivas”, o sea unas finanzas que
ayuden a luchar contra la exclusión. Un grupo especial de la Fundación ha formulado
sobre este tema las “Propuestas de Dublin sobre Finanzas y Bien Común” cuyas ideas
principales se resumen a continuación:
1. Cambiar la cultura y el comportamiento de los gestores: hay una persona
humana al principio y al final de cada transacción, algo que a veces no va en la
misma dirección que los requerimientos de la tecnología y de la regulación.
2. Ayudar a crear empleos mediante préstamos descentralizados: las mayores
posibilidades de creación de empleo se encuentran en las pequeñas empresas y
en una redistribución flexible del empleo entre empresas adaptables y creativas,
lo que requiere una política crediticia descentralizada por parte de bancos e
intermediarios de crédito desregulados.
3. Combatir el fraude, la corrupción y los abusos: aplicar efectivamente la
tolerancia cero ante prácticas contrarias a la ética, incluídas las de “arbitraje
regulatorio”; hacer que el comportamiento anti-ético resulte prohibitivamente
caro.
4. Promover la estabilidad y la claridad legislativas para mitigar el coste
burocrático y las dificultades de interpretación de la legislación, una de las raíces
de la corrupción.
5. Hacer más efectiva la protección del consumidor mediante la mayor
transparencia y la simplificación. Explorar fórmulas equitativas de
desendeudamiento para hogares sobreendeudados que supongan compartir el
riesgo entre acreedores y deudores. Promover la educación financiera familiar.
6. Promover y apoyar la inversión a largo plazo especialmente a través de
instituciones capaces de financiación “paciente”, con la participación de fondos
públicos y privados, y con las medidas legales y fiscales necesarias.
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7. Movilizar la tecnología financiera para las finanzas inclusivas mediante el
uso de dispositivos móviles en la digitalización de pagos gubernamentales y de
los servicios sanitarios, y en las cadenas de proveedores.
8. Enriquecer la educación financiera para evitar transmitir a los futuros
directivos financieros un marco “libre de valores”, llevándoles al contrario a
cultivar la reflexión ética, la comprensión histórica y la capacidad de ejercer el
análisis crítico.
9. Redefinir el modelo de negocio de las finanzas con objetivos de rentabilidad
moderados y con políticas de incentivos y “bonus” basadas en el largo plazo.
Para iniciar estos procesos y darles suficiente fuerza, es necesario volver a formular la
misión de la institución financiera en términos de servicio a la economía entera y a la
sociedad; sin ello es difícil que los jóvenes se sientan suficientemente motivados para
trabajar en finanzas.
D. LA POBREZA Y LA “RESPONSABILIDAD DE PROTEGER”
Sean los que sean los méritos pasados de la economía de mercado en la superación de la
pobreza, un enfoque con inspiración cristiana debe ver la situación real: en muchos
sitios continúan planteándose los crueles problemas de la pobreza y del subdesarrollo.
Mientras una creciente euforia en el mundo occidental llevaba a banalizar la sabiduría
de los tradicionales principios de precaución y dejaba que proliferara la desmesura –
con la crisis y la depresión como consecuencias -, otros permanecían atrapados en los
círculos negativos de la pobreza. El drama de la respuesta insuficiente ante las
catástrofes – naturales o provocadas por el hombre – y la inmigración son dos
situaciones que traen regularmente a la luz las verdades inquietantes de la desigualdad.
Ante los desastres naturales, no sólo es necesario actuar con rapidez, sino también con
inteligencia. Los contactos entre grupos de Iglesia de países donantes y de países
receptores pueden servir para incrementar la generosidad de los donadores y llevar la
ayuda externa hacia necesidades de desarrollo de más largo plazo, de las que la
emergencia inmediata puede ser un mero indicador. Las crisis provocadas por el
hombre tienden a desaparecer de las prioridades frente a las catástrofes naturales
(como se vio por ejemplo cuando coincidieron el tsunami en el Sureste asiático y el
genocidio de Darfur en 2004). Existe reticencia ante la intervención en las crisis
provocadas por el hombre, aun cuando éstas son responsables de innumerables víctimas
humanas. El drama de los niños soldados en muchos conflictos pone a prueba las
políticas internacionales de no-intervención, como lo hace el sufrimiento de los
cristianos y otros grupos étnicos del Medio Oriente. La enseñanza de la Iglesia afirma
con claridad que la “responsabilidad de proteger” – o la obligación de intervenir – ya
no es de los países individuales sino que corresponde a la comunidad internacional.
En la lucha contra el subdesarrollo se registran hechos positivos que contribuyen de
manera significativa a mejorar el efecto de las políticas para el alivio de la pobreza: un
mejor análisis cuantitativo, mejores datos científicos sobre la “economía del
comportamiento”, una mayor colaboración entre sector público y privado en la
financiación y el seguimiento de los proyectos de desarrollo. Pero las estructuras
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institucionales nunca serán suficientes: la persona humana es integral y el ser humano
desafía las mediciones. Como sugieren numerosos ejemplos, la llave del desarrollo
requiere la movilización de la gente, desde abajo hacia arriba, con plena dimensión
humana, es decir con libertad, capacidad moral, bondad, virtud y vocación.
Las migraciones sirven también para ilustrar la necesidad de una visión más realista de
la vocación de cada persona humana. Antes que nada habría que ver no sólo los abusos,
la tragedia de los refugiados y la falta de coordinación en las políticas – todos hechos
que requieren acción adecuada – sino también los aspectos positivos de la migración, las
bondades que conlleva. La migración económica no procede de la pobreza extrema.
Supone una inversión, un cálculo económico y, a menudo, una planificación orientada a
la familia. La cuestión de los menores no acompañados es especialmente aguda y
requiere un tratamiento prioritario basado en la persona humana, como se requiere en
todas las cuestiones planteadas por las migraciones.
Promover una campaña mundial de solidaridad
Al analizar las nuevas dimensiones de la desigualdad o el papel de las finanzas se
plantea a menudo la idea de un impuesto internacional sobre las transacciones
financieras o sobre el capital. Estas propuestas requerirían unanimidad internacional,
algo poco probable al nivel global, y su efecto podría ser confiscatorio. En vez de un
impuesto, la Iglesia Católica podría apoyar y promover la idea de aportaciones
voluntarias, fuera de la hacienda pública, destinadas a dotar unos nuevos fondos
nacionales de solidaridad para causas merecedoras de apoyo al servicio de los pobres.
Estos fondos podrían agruparse en una red supranacional bajo garantías comunes de
transparencia y buen gobierno.
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